venerdì 3 settembre 2010

Sono le 17.30, sapessi che sollievo vedere le ore che passano e mi portano verso la notte.
Devo fare continuamente qualcosa, se mi fermo sono perduta.
Sono una barca in bonaccia e non c'è un alito di vento che gonfi le mie vele.
I miei giorni sono uno uguale all'altro, qualche volta mi sembra che riesco persino a riempirli di qualcosa di utile o sensato; il più delle volte m'invento dei trucchi per far passare il tempo.
Mi sveglio ogni mattina nell'inevitabilità della Tua assenza.
Parlo con Te.
Ti dico che Ti amo.
Bacio la Tua fotografia.
Penso a Te ininterrottamente.
Continuo a dimenticare qualcosa da qualche parte.
Quand'ero in montagna, per 3 volte mi sono corsi dietro a riportarmi il telefonino, o gli occhiali o il portafoglio. O tutti e tre. Brava gente che forse capisce di aver a che fare con una povera diavola che la testa non l'ha più. O magari eri Tu che ispiravi onestà a chi poteva approfittare della mia disattenzione. In tutti questi mesi senza Te, sai bene quante cose ho perduto e sempre ritrovato. Penso che Tu continui a vegliarmi, ad impedire che mi metta nei guai più di quanto sono già.
Sapere che dovrò cambiare, che dovrò fare attenzione, non mi aiuta a concentrarmi.
Mi si gela il sangue al pensiero del prossimo Natale.
Ma so per certo che non farò nulla di tutto ciò che facevo prima, mi basterà dover sopportare lo strazio dei negozi addobbati, delle luminarie in città, della gente che corre a comperar regali, di una vigilia che segnerà l'11mo mese senza Te.
Ti scrivo perchè mi fa pensare a Te come se ti trovassi semplicemente in viaggio o all'estero o in vacanza.
Se continuerò a scrivere abbastanza a lungo, Tu avrai il tempo di tornare a casa.

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