lunedì 26 dicembre 2011

Ciao Amoremio, cosa stai facendo? e ti ricordi cosa stavamo facendo gli altri anni il 26 dicembre? certo che te lo ricordi, perchè era finalmente il momento di andare via, noi due, in montagna; là trovavamo il resto della compagnia, ma ci piaceva tanto anche starcene noi due, in casa, al caldo. Quella bella casa in pietra e legno che, quando arrivavamo, subito dopo l'ennesimo tornante, sembrava darci il benvenuto con i suoi abeti tutt'attorno, pieni di nevi, e illuminata dalla buona signora Erminia che aveva provveduto ad accendere il riscaldamento e le luci. Quella casa solitaria, ma proprio per questo ancor più tana, rifugio, nicchia in cui nasconderci. Ricordo con che sollievo si preparavano i bagagli per andare là, a vivere i nostri giorni pieni di camminate nel silenzio del bosco, di partite a carte o a scarabeo, di cibo mangiato a qualsiasi ora, di pigrizia totale, di ritmi finalmente solo nostri. Ti toglievi l'orologio prima di partire, e lo rimettevi solo al ritorno. Ancora ti rivedo sullo skilift, quel piccolo salto per sganciarti, e prendermi per mano per facilitarmi la discesa. Una volta sono andata lunga distesa, e ho fatto cadere anche te, in un groviglio di bastoncini e sci; non la finivamo più di ridere, e invece di toglierci di mezzo, ci siamo fermati lì, avevano dovuto chiudere un momento l'impianto per non creare problemi a quelli dopo di noi. Dopo di noi, non c'era nessuno, Amoremio, e io non vedevo nessuno: solo Te. Battevi un paio di volte gli sci, ben allineati, ti calavi gli occhialoni, inforcavi i bastoncini e mi dicevi "pronta? da che parte andiamo?", ti rispondevo "prontissima, io ti seguo". Perchè davvero ti avrei seguito in campo al mondo, senza chiederti dove mi stavi portando. All'inizio seguivo la pista che tracciavi tu, poi quando capivo in che direzione andavi, mi allineavo a te, e andavamo in mezzo a quel silenzio come due cigni sul lago; sapevo dove avresti svoltato, a quale cunetta avresti saltato, dove ti saresti fermato. Ti stavo al passo con un po' di fatica, tu sciavi benissimo, con naturalezza ed eleganza, sembrava non facessi nessuno sforzo, ma non volevo dartela vinta e quando mi chiedevi *tutto bene o devo rallentare?* ... *no, no - ti rispondevo - tutto bene, andiamo*; avevo l'impressione che stessi ridendo  sotto i baffi, che sapessi ... E poi, giù all'arrivo, una breve sosta, un pezzetto di cioccolata che portavi sempre nel tascone, e si ripartiva. Trovavamo qualche amico, si sciava insieme, poi tappa in qualche bar ai bordi delle piste per la cioccolata calda con tanta tanta panna montata. A casa, tu accendevi il camino, io preparavo la cena, spesso avevamo ospiti, come al solito ci piaceva più ricevere che uscire; a parte l'ultima sera, quando si radunava tutta la compagnia, erano cene con un paio di coppie alla volta, per stare più insieme, dicevi, per goderci la compagnia. Che serate piene di calore, di aneddoti, di scherzi, di partite interminabili. E i tuoi occhi che, ogni tanto, incrociavano i miei per dirmi qualcosa, in mezzo alla gente, qualcosa che solo tu ed io capivamo. Quanta complicità! quanto mi piaceva quel nostro codice fatto di sguardi, di un occhiolino, di un'espressione al volo. Quante promesse in quelle occhiate furtive. Quanto di Te.

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